LA CORTE COSTITUZIONALE UN ANNO IN CIFRE: IL 2021

LA CORTE COSTITUZIONALE UN ANNO IN CIFRE: IL 2021

Da poco è stato pubblicato sul sito della Corte Costituzionale l'annuario sintesi del lavoro della Consulta e delle questioni di legittimità su cui è stata chiamata a dare una risposta orientata dai principi che i padri costituenti vollero inserire in quel documento, che l'attuale Presidente della Corte Costituzionale, Giuliano Amato, ha definito la ''vecchia carta che tutti conoscono e che viene vista come la fonte della possibili soluzioni di ciò che li riguarda''. Un’aspettativa forte, forse anche troppo. Perché, com’è stato scritto saggiamente, non è vero che tutto ciò che non piace è per ciò stesso incostituzionale. E tuttavia, è comunque bello che i cittadini cerchino nella Costituzione la soluzione di ciò che li angustia.

UN PO' DI DATI

Il 2021 è indubbiamente risultato l'anno in cui la pandemia ha forzato alcuni dei meccanismi costituzionali e ha posto numerosi interrogativi sulla loro celerità nel funzionamento. La pandemia ha di fatto aumentato i ritmi di lavoro. Intensificate anche le cause trattate: 370 rispetto a 326 del 2020, diminuite le decisioni depositate (263 rispetto a 281); elevato il numero delle dichiarazioni di incostituzionalità (50 rispetto a 48) e, in generale, delle sentenze (206) rispetto alle ordinanze. Per quel che concerne il giudizio in via incidentale si riscontra una durata media in ascesa da 261 giorni a 285 (vale a dire da 8 a 9 mesi), calcolata da quando l’ordinanza viene pubblicata nella Gazzetta ufficiale fino al deposito della decisione, mentre nel giudizio in via principale la durata media diminuisce da 407 a 390 giorni.

LE SENTENZE MONITO

Nella sua relazione finale, il presidente Amato, ha assimilato le sentenze monito quali strumento per la creazione di un intertempo utile al Parlamento per intervenire prima della decisione finale della Consulta.

Si tratta giuridicamente degli inviti che la Corte – nello spirito della leale collaborazione istituzionale – rivolge alle Camere affinché intervengano su una determinata disciplina per porre rimedio a situazioni problematiche, obsolete, potenzialmente o dichiaratamente incostituzionali, sulle quali la Corte stessa non può intervenire, anche per evitare disarmonie del sistema, o su cui interviene parzialmente, in attesa di una disciplina legislativa più organica.

Un dato interessante soprattutto per il suo andamento riguarda,  nel 2021, infatti le sentenze monito al Legislatore, che ancora in crescita: dalle 25 del 2020 passano a 29 e attraversano le più svariate materie, dalla tutela dei figli di coppie omosessuali all’ergastolo ostativo, dalla disciplina del cognome a quella dell’aggio nella riscossione dei tributi e molti altri. Valga per tutti il caso, nel 2021, dell’ergastolo ostativo: la Corte accerta l’incostituzionalità della disciplina vigente, ma non la dichiara perché aspetta che il Legislatore, entro un anno, intervenga in modo compiuto. Il termine, in questo caso, scade a maggio 2022.

LE DECISIONI 2021

Delle 263 pronunce, nel 2021, l’emergenza pandemica è al centro di 22 decisioni. Ma le restanti pronunce dell’anno attraversano molteplici ambiti: lavoro, ambiente, sanità, finanza locale, imposte e tasse, famiglia, minori, reati ed esecuzione penale.


Nel 2021 la Corte pronuncia 22 decisioni (14 sentenze e 8 ordinanze) sulle norme per gestire l’emergenza pandemica da Covid-19.
Con l’ordinanza n. 4 del 14 gennaio, viene esercitato, per la prima volta nella storia della giustizia costituzionale, il potere di sospendere provvisoriamente, in via cautelare, gli effetti di una legge, nella fattispecie della Valle d’Aosta, impugnata dal Governo. La Corte ritiene  che la Valle d’Aosta abbia invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di profilassi internazionale (articolo 117, secondo comma, della Costituzione) introducendo nel proprio territorio misure di contenimento del contagio meno rigorose di quelle statali.

page31image3369178304
 

In questa decisione come ha spiegato il Presidente Amato viene messo in chiaro ciò che, fino a quel momento, non era stato chiaro per nulla, e cioè che, per combattere la pandemia, la competenza in gioco non era quella ripartita tra lo Stato e le Regioni sulla salute, ma era, ed è, la profilassi internazionale. Una competenza esclusiva dello Stato. Pur sempre ricordando come delle altre numerose decisioni, sul tema Covid-19, la Corte si è espressa, nei giudizi di legittimità presentati dallo Stato, salvaguardando l’autonomia regionale, definendola più volte: tratto irrinunciabile del nostro sistema di governo.


Sul tema lavoro dichiara illegittimo l'art.18 dello Statuto dei Lavoratori, nel testo modificato dalla Riforma Fornero, poiché irragionevole che, di fronte a un licenziamento economico per un fatto manifestamente insussistente, il giudice abbia la facoltà, e non il dovere, di reintegrare il lavoratore. 


Un altro tema che si è imposto con forza nelle decisioni: i figli e una tutela efficace del loro diritto ai legami familiari e affettivi con chi li ha cresciuti e curati e che, anche se non è il genitore biologico, ha una responsabilità genitoriale. Troppe volte quello che, con freddezza tecnica, si chiama “l’interesse del minore” viene dopo interessi molto meno importanti di tutto ciò che riguarda la vita dei bambini.

 

Il grande interrogativo costituzionale sorge, dunque, sul diritto di cura, se da considerare fondamentale anche esso per la persona umana.

Interessante a riguardo il contenuto della sentenza n. 32, nella quale il monito al Legislatore è particolarmente pressante, persino ultimativo, a causa del “grave vuoto di tutela dell’interesse del minore” registrato nella vicenda che ha dato luogo al giudizio di costituzionalità. La Corte scrive che il Legislatore deve individuare “il ragionevole punto di equilibrio tra i diversi beni costituzionali coinvolti, nel rispetto della dignità della persona umana”, per fornire, in maniera organica, adeguata tutela ai diritti del minore “alla cura, all’educazione, all’istruzione, al mantenimento, alla successione e, più in generale, alla continuità e al conforto di abitudini condivise”, evitando disarmonie del sistema.

La cura, insomma, diviene  un interesse da proteggere senza esitazioni e ritardi, in coerenza sia con la giurisprudenza delle due Corti europee sia con quella della stessa Consulta, che, peraltro, ha sempre valorizzato la genitorialità sociale, se non coincidente con quella biologica, “perché il dato genetico non è requisito imprescindibile della famiglia”.

Importante interrogativo, sempre per le questioni di diritto di famiglia, per la Consulta, nel 2021, si registra con l’ordinanza n. 18, con la quale si  censura la disciplina vigente sul cognome dei figli e si riserva di valutare se l’accordo dei genitori sia sufficiente a garantire la parità fra di loro, visto che attualmente, in mancanza di accordo, prevale comunque il cognome del padre, per i figli nati fuori e dentro il matrimonio. Nell’ordinanza si ricorda che il patronimico non rispetta il valore fondamentale dell’uguaglianza, tanto che su questo punto la Corte ha più volte sollecitato il Legislatore a intervenire, considerato il ventaglio di soluzioni possibili. Ma è proprio a causa del perdurante silenzio del Legislatore che ora la Corte ritiene necessario sollevare la questione di legittimità costituzionale sull’articolo 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui: in mancanza di accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.

 

Decisive e fondamentali, infine, per la conoscenza del lavoro annuale sono le decisioni in materia di esecuzione penale. 

Risulta, nell'ordinanza n. 97 del 2021, irragionevole che l’ergastolano non collaborante con la giustizia, automaticamente si presuma continui a mantenere legami con l’organizzazione criminale d'appartenenza. Secondo la Consulta, il carattere assoluto di questa presunzione la rende incompatibile con la Costituzione poiché la collaborazione con la giustizia diventa l’unica strada per accedere al procedimento che potrebbe portare l’ergastolano alla liberazione condizionale. La Consulta, però, stabilisce che spetta al Parlamento, in prima battuta, modificare questo aspetto della disciplina sull’ergastolo ostativo. E rinvia il suo giudizio di un anno (al 10 maggio 2022) così da garantire al Legislatore il tempo necessario per affrontare la materia.